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la medicina biologica al servizio della salute

 

 

News

 

 
Clinical Homeopathy Acupuncture Reflexotherapy Anti Aging Medicine Psychotherapy

 

 

Agopuntura Pre-FIVET

Nel 2010 dopo sette anni di positive esperienze in donne trattate con l’agopuntura “Same day” inizia l’introduzione dell’agopuntura Pre-Fivet nei protocolli di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) al CFA-Italia. La nostra esperienza di affiancare l’agopuntura a tecniche convenzionali di procreazione medico assistita inizia nel 2003, introducendo in alcuni casi due sedute di agopuntura lo stesso giorno del transfer, immediatamente prima e dopo il transferimento dell’embrione. L’idea di questa tipologia di trattamento “same day” si deve alla pubblicazione di un lavoro tedesco, che dimostra l’aumento significativo della percentuale di gravidanza in un gruppo di donne sottopostesi a FIVET più agopuntura, rispetto a un gruppo controllo che si sottopone a FIVET senza agopuntura. Il protocollo tedesco, a cui noi associamo sempre la respirazione addominale, utilizza punti di agopuntura e auriculopuntura che secondo i principi della Medicina Tradizionale Cinese rilassano l’utero e ne aumentano il flusso sanguigno favorendone le condizioni per l’attecchimento dell’embrione. Come da noi stessi osservato e come supportato dalla letteratura, l’agopuntura dimostra inoltre una preziosa azione sul piano psichico che si manifesta attraverso il controllo dell’ansia e delle emozioni nonché attraverso l’aumento dell’autostima e del tono dell’umore. Più recentemente abbiamo introdotto protocolli personalizzati di agopuntura pre-FIVET che consistono in cicli di sedute mono/bisettimanali almeno un mese prima della FIVET. Questo diverso momento di trattamento oltre all’aspetto sul piano psichico ha lo scopo di migliorare la qualità degli ovociti prodotti e durante la fase di stimolazione ovarica avvicinare i livelli plasmatici di cortisolo e prolattina a quelli delle dinamiche dei cicli naturalmente fertili. Bibliografia Manheimer et al. Effects of acupuncture on rates of pregnancy and live birth among women undergoing in vitro fertilisation: systematic review and meta analysis BMJ 7 febbraio 2008 on line. Domar et al. The impact of acupuncture on in vitro fertilization outcome. Fertil Steril 2009 Mar 91(3): 723-726. Magerelli et al. Changes in serum cortisol and prolactin associated with acupuncture during controlled ovarian hyperstimulation in women undergoing in vitro fertilization-embryo transfer treatment. Fertil Steril 2009 Dec 92(6):1870-1879. Dieterle et al. A prospective randomized placebo-controlled study of the effect of acupuncture in infertile patients with severe oligoasthenozoozpermia. Fertil Steril. 2009 Oct. 92(4): 1340-1343.

 

I tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici

Una bruta notizia per i malati di tumore. La chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende 'immune' il tumore a ulteriori trattamenti. La scoperta, "del tutto inattesa", è stata pubblicata sulla rivista Nature ed è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata tesa ad accertare come mai queste ultime siano così difficili da eliminare nel corpo umano mentre sono estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Sono stati analizzatigli effetti di un tipo di chemioterapia su tessuti raccolti da pazienti affetti da tumore alla prostata. Sono state scoperte "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all’area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali. La scoperta che "l'aumento della WNT16B interagisce con le vicine cellule tumorali facendole crescere, propagare e, più importante di tutto, resistere ai successivi trattamenti anti-tumorali era del tutto inattesa", ha spiegato il co-autore della ricerca Peter Nelson del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle nello stato di Washington. La novità conferma tra l’altro un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici. Un dato dimostrato dalla percentuale di riproduzione delle cellule tumorali tra i vari trattamenti.
"I nostri risultati indicano che il danno nelle cellule benigne puo direttamente contribuire a rafforzare la crescita 'cinetica' del cancro", si legge nello studio che, hanno spiegato i ricercatori, ha trovato conferma anche nei tumori al seno e alle ovaie. Ma la scoperta potrebbe aprire la strada allo sviluppo di un trattamento che non produca questo dannoso effetto collaterale della chemioterapia: "Per esempio un anticorpo alla WNT16B, assunto durante alla chemio, potrebbe migliorane la risposa uccidendo più cellule tumorali. In alternativa si potrebbero ridurre le dosi della chemio". 

 

 

Trattamento dell'insonnia con agopuntura

L'insonnia è un disturbo comune del sonno che ha un notevole impatto socioeconomico. Nonostante siano disponibili terapie farmacologiche e comportamentali per trattare questo disturbo, i potenziali effetti indesiderati a lungo termine hanno spinto vari ricercatori a valutare dei trattamenti alternativi, come l'agopuntura. Questa revisione sistematica ha cercato di raggruppare tutta la letteratura presente sull'argomento, fatta in gran parte da casi clinici, con pochi esempi di studi randomizzati controllati. Nella maggior parte degli studi considerati sono state rilevate limitazioni metodologiche rilevanti, poca chiarezza nella definizione del tipo di insonnia (primaria o secondaria) e presenza di co-morbidità rilevante (problemi di depressione, ansia, emodialisi ecc.). Nonostante questi problemi qualitativi, sembra che quasi tutti gli studi abbiano dimostrato un consistente miglioramento dei sintomi dopo terapia con agopuntura. Si rendono quindi necessari altri studi, metodologicamente accurati e numericamente indicativi, per raggiungere conclusioni significative sull'uso dell'agopuntura in questo tipo di disordini e per valutare i meccanismi della terapia stessa. Kalavapalli R, Singareddy R.Role of acupuncture in the treatment of insomnia: A comprehensive review.Complement Ther Clin Pract. 2007 Aug;13(3):184-93. Epub 2007 Apr 6.

 

Medicina tradizionale cinese e ipertiroidismo

In Cina e in altri Peasi alcune erbe medicinali vengono utilizzate in associazione ad agenti antitiroidei per la cura dell'ipertiroidismo. Questo studio si prefigge lo scopo di analizzare l'efficacia di alcuni di questi trattamenti di medicina tradizionale cinese in questo tipo di patologia. Sono stati ricercati studi sulle principali banche dati mondiali, MEDLINE, EMBASE, la Cochrane Library, e il Chinese Biomedical Database, selezionando sia studi di comparazione tra varie erbe che studi su singole erbe; sono stati così evidenziati 13 studi per un totale di 1770 pazienti trattati. Tutti gli studi sono risultati, tuttavia, di scarsa qualità metodologica, con gap informativi rilevanti relativi ad esempio alla mortalità, alla qualità della vita dei pazienti o alla compliance del trattamento. In generale, rispetto all'uso di farmaci antitiroi, l'associazione di erbe tradizionali cinesi e farmaci sembra presentare benefici relativi soprattutto all'incidenza di effetti collaterali, alla riduzione dei sintomi e all'aumento dello stato degli anticorpi e alla funzione tiroidea. Gli studiosi concludono sui possibili effetti benefici dell'associazione di questo tipo di erbe con i farmaci antitiroidei ma sottolineano l'assenza di studi metodologicamente validi per poter raggiungere una raccomandazione definitiva per questo tipo di terapia. Zen XX, Yuan Y, Liu Y, Wu TX, Han S.Chinese herbal medicines for hyperthyroidism.Cochrane Database Syst Rev. 2007 Apr 18;(2):CD005450.

Agopuntura e asma

Sulla scia di alcuni promettenti studi inglesi sul'argomento, un gruppo di ricercatori cinesi ha deciso di valutare l'effetto della terapia con agopuntura nella broncodilatazione in pazienti affetti da asma. Lo studio prospettico randomizzato, in crossover, ha reclutato 18 pazienti che sono stati assegnati a terapia con agopuntura e poi, dopo un periodo di wash-out, a sham agopuntura; i valori spirometrici sono stati raccolti prima e dopo la terapia agopunturistica. I risultati indicano che il trattamento ha dato effetti immediati sulla FEV1 ma il miglioramento globale è risultato inferiore a quello ottenibile con l'inalazione di un broncodilatatore. Chu KA, Wu YC, Ting YM, Wang HC, Lu JY.Acupuncture therapy results in immediate bronchodilating effect in asthma patients.J Chin Med Assoc. 2007 Jul;70(7):265-8

L’agopuntura è efficace nella cefalea

Sono recentemente usciti a mezzo stampa alcuni brani giornalistici che riportano scorrettamente i risultati di recenti articoli scientifici, lasciando intendere che l'agopuntura sarebbe sovrapponibile al placebo nel trattamento della cefalea. Al contrario tali articoli, di elevato livello scientifico, sostengono che l'efficacia dell'agopuntura è provata nel trattamento dell'emicrania e della cefalea di tipo tensivo, risultando addirittura non inferiore, se non superiore ai comuni trattamenti farmacologici.

I brillanti risultati di due recenti pubblicazioni sull'agopuntura nel trattamento della cefalea sono stati scorrettamente riportati dalla stampa italiana. La F.I.S.A. (Federazione Italiana delle Società di Agopuntura), in accordo con gli autori delle pubblicazioni citate, precisa che entrambi gli studi mettono in evidenza che l’agopuntura è provatamente efficace nel trattamento di tali patologie, potendo essere un valido approccio non farmacologico alla cura delle stesse. Gli studi effettuati hanno infatti dimostrato un beneficio significativamente maggiore nei pazienti sottoposti ad agopuntura rispetto a quelli sottoposti al solo trattamento farmacologico, per risposta alla terapia, riduzione di giorni di cefalea e diminuzione dell’intensità del dolore. Nella cefalea di tipo tensivo l’agopuntura tradizionale è risultata inoltre significativamente più efficace dell’agopuntura cd. placebo (con aghi posizionati in punti casuali del corpo) sia per la risposta generica alla terapia sia per una serie di altri parametri clinici. Inoltre, l’agopuntura risulta almeno di pari efficacia, se non di efficacia a volte addirittura maggiore, rispetto ai farmaci regolarmente usati nella profilassi dell’emicrania e presenta meno effetti collaterali. Alla luce dei dati evidenziati dalla review, gli autori suggeriscono che l’agopuntura dovrebbe essere dunque considerata una normale opzione di trattamento nei pazienti emicranici che desiderano sottoporvisi.

Linde K, Allais G, Brinkhaus B, Manheimer E, Vickers A, White AR. Acupuncture for migraine prophylaxis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2009, Issue 1. Art.No.: CD001218. DOI: 10.1002/14651858.CD001218.pub2. Visualizza abstract

Linde K, Allais G, Brinkhaus B, Manheimer E, Vickers A, White AR. Acupuncture for tension-type headache. Cochrane Database of Systematic Reviews 2009, Issue 1. Art. No.: CD007587. DOI: 10.1002/14651858.CD007587. Visualizza abstract

 

Le vitamine potrebbero aumentare i livelli del colesterolo "cattivo", impedendo al fegato di disgregare una lipoproteina dannosa per il sangue

Tutti sanno che le vitamine possono proteggere il cuore. Ma alcuni ricercatori dell'Università di New York hanno scoperto che determinate vitamine, comprese la vitamina E, la C e il beta carotene, impediscono al fegato di distruggere un precursore del colesterolo cattivo. In un articolo pubblicato sulla rivista "Journal of Clinical Investigation", gli scienziati spiegano che la scoperta potrebbe rendere non opportuno in certi casi consigliare le vitamine. Le vitamine sono antiossidanti e sono ritenute benefiche in quanto attaccano i radicali liberi, prodotti quando il corpo combatte le infezioni, che infliggono danni ai tessuti dell'organismo. Ma il nuovo studio rivela che gli antiossidanti rendono meno efficace la lotta del corpo umano contro il colesterolo dannoso. Normalmente, le cellule del fegato disgregano una proteina chiave nelle lipoproteine dannose come le VLDL (lipoproteine a densità molto bassa), impedendo la loro conversione in una forma in grado di entrare nel flusso sanguigno. In esperimenti di laboratorio, però, gli scienziati hanno scoperto che le vitamine E e C e il beta carotene impediscono questo processo. Test ulteriori in fegati di topo hanno confermato che la vitamina E impedisce la disgregazione, facendo in modo che il fegato distrugga meno lipoproteine.

 

Un mondo d'intolleranti

L'intolleranza al lattosio è di gran lunga la più frequente anomalia enzimatica legata all'alimentazione Interessa il 25% della popolazione europea, il 50-80% degli ispanici, gli indiani del sud, i neri, gli ebrei Ashkenazi e addirittura il 100% degli asiatici e, ancora, gli indiani d'America. Se fino ad una decina d'anni fa se ne conoscevano quasi solo i quadri congeniti dell'infanzia e dell'adolescenza, oggi sono emergenti forme diverse di carenza della lattasi. Si discute attualmente di: deficit primario di lattasi, deficit secondario, congenito e deficit evolutivo. La sintomatologia comune resta più o meno la stessa e quindi la diagnosi precoce diventa il mezzo più sicuro per identificare la forma e personalizzare la terapia, essenzialmente dietetica. Tuttavia, non sempre il lattosio non assorbito causa intolleranza e alla fine il quadro manifesto sembra dipendere dalla microflora del colon. BMJ Editorials Lactose intolerance 2007; 334:1331-1332

 

Latte e derivati indeboliscono il sistema immunitario intestinale?

Il latte vaccino può creare intolleranze? È giusto berlo a colazione? Con cosa può essere sostituito? Domande cui risponde il professor Osvaldo Sponzilli

http://www.piusanipiubelli.it/alimentazione/latte-derivati-indeboliscono-sistema-immunitario-intestinale.htm

Omeopatia: prevenire l’invecchiamento con la medicina dolce

Da cosa dipende l’invecchiamento? Scopriamolo insieme e analizziamo le diverse tecniche di medicina naturale che possono aiutarci nel combatterlo

http://www.piusanipiubelli.it/benessere/fitoterapia-omeopatia/omeopatia-prevenire-invecchiamento-con-medicina-dolce.htm

 

Homeopathy in paediatric atopic diseases: long-term results in children with atopic dermatitis

Homeopathy, 2012, 101 (1), 13-20

Aim - To study the socio-demographic features, the prescribed remedies and the outcome of atopic diseases in children treated with homeopathy at the Homeopathic Clinic of Lucca (Italy), and the long-term outcome of children suffering from atopic dermatitis (AD) after an approximate 8-year period (range 5–10 years). Methods ur data derive from an observational longitudinal study carried out on 213 children (38.6%) with atopic diseases out of 551 children consecutively examined from September 1998 to December 2008. We used the Glasgow Homeopathic Hospital Outcome Score to evaluate the results that were classified on the basis of a Likert scale. Results - Eighty-three (39%) children were affected by asthma, 51 (24%) by allergic rhinoconjunctivitis, 76 (36%) by AD and 3 (1%) by food intolerance. Follow-up patients were 104 (48.8%), and 65 (62.5%) of them reported a major improvement or resolution. The parents of paediatric patients suffering from AD, who had started homeopathic treatment at <4.9 years of age were invited to follow-up assessment 8 years later and 40 children (mean age 12.9) were examined; 28/40 (70%) had a complete disappearance of AD, 12/40 children (30.0%) were still affected by AD; 8/40 (20%) had asthma and 8/40 patients had, or developed, allergic rhinitis. Conclusion - These preliminary results seem to confirm a positive therapeutic effect of homeopathy in atopic children. Furthermore, according to the data from the literature paediatric patients treated with homeopathy seem to show a reduced tendency to maintain AD and develop asthma (and allergic rhinitis) in adult age.

 

La ricerca di laboratorio in omeopatia

di Teresa De Monte

Anisur R. Khuda-Bukhsh, è un medico indiano che ha scritto la sua tesi di dottorato sulla necessità di indagare sull'omeopatia con mezzi moderni per sostenerne l'efficacia e difendere le nuove idee volte a capirne il meccanismo di azione. La tesi prende spunto dalla revisione del lavoro del suo collega Moffett (Integr Cancer Ther, 2006; 5: 333): dopo aver esaminato i concetti e il lavoro di Hahnemann (similia, proving, dinamizzazione, succussione, etc.), l'autore evidenzia che non si dovrebbe assumere alcun cibo almeno un ora prima o dopo l'assunzione di un rimedio omeopatico e discute sulla forza vitale rilasciata in qualche modo dal processo di "succussione" al "veicolo". Afferma che la medicina omeopatica è diretta conseguenza della malattia e che anche la "mente" e la "costituzione generale" sono importanti, specie nei casi di malattia cronica. Vale a dire che il rimedio non può essere diverso solamente per la stessa malattia ma anche per due persone che soffrono della stessa malattia che differisce in qualche specifico sintomo.
Il punto decisivo dell'omeopatia è che i rimedi omeopatici non sono soluzioni ma piuttosto succussione di sostanze: Khuda-Bukhsh cerca di rispondere al quesito se c'è trasferimento della proprietà medicinale al veicolo, il formarsi dei clathrate, le diluizioni ultramolecolari e propone un'ipotesi basata sull'evidenza che le medicine omeopatiche potenziate agiscono attraverso la regolamentazione di un gene collegato alla manifestazione del miglioramento e la cura dei sintomi della malattia. In vivo il laboratorio sperimenta la risposta biologica: Apis e Istamina sono una possibile ragione di uso per gli effetti positivi sulle allergie. Tutto ciò rivela che i rimedi omeopatici possono agire a livello molecolare, subcellulare, cellulare, fisiologico e possono efficacemente migliorare il processo riparativo del DNA che comporta partecipazione attiva di alcuni specifici geni. La necessità di utilizzare alcuni rimedi "costituzionali" in casi cronici, può avere una particolare azione per cambiare adeguatamente una specifica "composizione genetica" o "costituzione", in quanto la volontà rende i rimedi sintomatici più attivi. L'omeopatia merita un approccio più sistematico per capire i suoi paradigmi e per facilitarne l'uso, con la maggiore fiducia possibile da parte di chi preferisce questo tipo di trattamento.

 

Nuove prospettive nel trattamento della secchezza vaginale post-menopausale e nella perdita di tono o turgore dei genitali esterni femminili.

Prof Osvaldo Sponzilli Roma

Nel corso della vita, gli organi genitali femminili subiscono una serie di cambiamenti morfostrutturali e funzionali. Le modificazioni avvengono gradualmente e nel periodo peri-menopausale (42-50 anni) si accellerano notevolmente per brusca caduta dei livelli ormonali estrogenici. La secchezza vaginale e i disturbi genito-urinari avanzano con gli anni dalla post-menopausa, provocando prurito, bruciore e dispareunia, e l'attività sessuale è spesso compromessa. Gli organi genitali subiscono quindi una progressiva riduzione di fibre collagene ed elastiche, diminuisce la vascolarizzazione con colorito sempre più pallido e la muscolatura perde di tono per avviarsi verso una sempre maggiore ipotrofia. Le raccomandazioni indicate dalla North American Menopause Association e dalle linee guida di pratica clinica della Società di Ginecologia e Ostetricia del Canada la complessità della disfunzione sessuale femminile necessita di un approccio biopsicosociale, con interventi che vanno dai cambiamenti dello stile di vita e di educazione sessuale, a terapie del pavimento pelvico, a coadiuvanti sessuali, a farmaci e integratori alimentari Le Linee Guida e raccomandazioni, prodotte in coincidenza con la menopausa World Day 2010, evidenziano come tali disturbi causano disagio e ridotta qualità della vita ed indicano che il trattamentomigliore e più logico per l'atrofia urogenitale è quello di utilizzare gli estrogeni locali. Una valida alternativa alla terapia ormonale, non sempre possibile e spesso poco gradita, può essere validamente rappresentata da terapie infiltrative locali. Intervenendo precocemente è possibile ridonare turgore, idratazione ed elasticità ad un tessuto che, come tutti gli altri e, spesso in misura maggiore, risente negativamente dei vari fattori di invecchiamento ed in particolare di quelli ormonali. Per prevenire e contrastare e migliorare le condizioni di trofismo ed elasticità cutanea si possono eseguire infiltrazioni con sostanze ad azione biostimolante e biorivitalizzante come: fattori di crescita piastrinici, acido ialuronico naturale, omotossicologici, carbossiterapia o biostimolazione LED. La terapia può essere associata, per esaltare il grado di idratazione, con l’applicazione topica di gel e con terapie orali naturali.

Il vaccino contro l’influenza miete in un anno ben 396 morti

NEL GIRO DI UN ANNO Le reazioni violente ai vaccini stagionali contro l’influenza, con danni alla salute dei pazienti, sono più che raddoppiate. Un dato preoccupante che il procuratore vicario di Torino, Raffaele Guariniello, ha deciso di indagare con l’apertura formale di un’inchiesta. La preoccupante statistica è dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, obbligata per legge alla sorveglianza sanitaria. Parla di 161 casi nella stagione 2008-2009 e di ben 396 in quella 2009-2010. Un dato che, in qualche modo, può essere spiegato dalla maggiore attenzione dovuta all’esplodere, nell’anno appena trascorso, della fobia per il virus A/H1N1, ma non solo.

L’indagine prende spunto da due querele, arrivate nei giorni scorsi sulla scrivania del magistrato, presentate da due donne (entrambe di una cinquantina d’anni, la prima torinese, la seconda di una cittadina della cintura) che lamentano di aver subito gravi conseguenze a seguito della somministrazione del vaccino.La prima dichiara di essere stata colpita da Polimiosite, patologia che fa parte di un gruppo di malattie muscolari e che rientra nel novero delle malattie rare. All’inizio la signora non riusciva a chiudere i pugni e pensava a un’artrite. Ottenuta la diagnosi, ha fatto ulteriori controlli: i suoi consulenti medici sono sicuri che ci sia un nesso tra la somministrazione del vaccino antinfluenzale e la malattia insorta.La seconda, invece, dichiara di aver contratto una mielopatia che la costringe a camminare appoggiata a un girello con quattro ruote.

ALL’INIZIO Ha dichiarato di avvertire un senso di spossatezza e stanchezza che è andato via via peggiorando fino a darle la sensazione di non riuscire a governare il proprio corpo. Se queste patologie siano l’effetto collaterale non voluto del vaccino lo giudicheranno i tecnici, ma dall’indagine su questi due casi è emersa una situazione generale che merita approfondimenti. Secondo l’Aifa nella stagione 2009-2010 due persone sono morte a seguito della vaccinazione (erano tre nel 2008-2009), ma sono aumentati i casi di gravi conseguenze (39 nel 2008-2009 e 72 nel 2009-2010) e di bambini piccoli di età compresa tra i sei mesi e i due anni (4 nella stagione 2008-2009 e addirittura 12 in quella 2009-2010).L’inchiesta della procura di Torino è su un prodotto specifico, il Vaxigrip della Sanofi Aventis. Una delle due querelanti lamenta il fatto che nel foglietto delle istruzioni non sia contenuto, tra le controindicazioni, la possibilità di contrarre la polimiosite. Una circostanza che potrebbe sfuggire al classico cittadino che di rado si sofferma a leggere il cosiddetto «bugiardino», ma che potrebbe tornare utile ai medici e agli specialisti quando somministrano questo genere di farmaci.Guariniello ha già affidato una consulenza medica per accertare se le due malattie contratte dalle signore torinesi possano essere in qualche modo essere messe in collegamento con il vaccino antinfluenzale. Solo una volta arrivati gli esiti l’indagine prenderà corpo in una direzione piuttosto che un’altra.

 

Cancro, creato l’anticorpo in grado di evitare il formarsi delle metastasi

I ricercatori dell'Istituto svizzero per la ricerca sperimentale sul cancro (ISREC) hanno scoperto che è la periostina a favorire la diffusione del tumore maligno e sperimentato le contromosse. Che sulle cavie da laboratorio funzionano. Ora toccherà ai test sull'uomoIl ricercatore svizzero Joerg Huelsken Per diffondersi dal suo punto di origine in altre parti del corpo, il
tumore ha bisogno di una proteina prodotta naturalmente dal nostro organismo. Si chiama “periostina“, conosciuta già da tempo per avere un ruolo importante nello sviluppo fetale e attiva negli adulti solo in organi specifici (ad esempio nelle ghiandole mammarie, nelle ossa, nella pelle e nell’intestino). Ma quando si è colpiti da un cancro è proprio questa proteina, inizialmente innocua, che prepara il terreno all’invasione delle cellule tumorali. A scoprirlo è stato uno studio dell’Istituto svizzero per la ricerca sperimentale sul cancro (ISREC), pubblicato sulla rivista Nature.

I ricercatori hanno isolato la proteina e hanno creato un anticorpo in grado di bloccarla sbarrando la strada alle metastasi. Nelle sperimentazioni condotte sui topolini non sono stati riportati effetti collaterali gravi. Ma per capire come funziona questa nuova strategia bisogna conoscere il meccanismo attraverso il quale si sviluppano i cosiddetti tumori secondari. Le metastasi si sviluppano quando le cosiddette “cellule staminali del cancro” riescono a trovare una sorta di “nicchia” entro la quale proliferare. Ma per farlo hanno bisogno della periostina che prepara quindi l’ambiente ideale che ospiterà le metastasi.

“Senza questa proteina, la cellula staminale del cancro non può dar luogo a metastasi”, ha spiegato Joerg Huelsken, autore principale dello studio. Il ricercatore, insieme al suo team di ricerca, è infatti riuscito a dimostrare che bloccando l’azione della periostina è possibile prevenire l’insorgenza di tumori secondari.

“Abbiamo sviluppato un anticorpo che aderisce a questa proteina, rendendola inoperativa, e speriamo in questo modo di essere in grado di bloccare il processo di formazione delle metastasi”, ha spiegato Huelsken. Sui topolini ha funzionato. Ora il prossimo passo è trovare un anticorpo analogo efficace e sicuro anche per gli esseri umani. Riuscire in questa impresa significa poter finalmente disporre di una nuova strategia terapeutica che riesce a confinare il tumore nel suo punto di origine, aumentando le possibilità per i pazienti di sconfiggerlo e sopravvivere.

Stress cronico: scoperto il meccanismo molecolare del danno cromosomico La somministrazione ai topi di agonisti dell'adrenalina ha determinato la degradazione progressiva della proteina di soppressione tumorale p53

22 agosto 2011

Per molti anni numerosi studi hanno mostrato un'associazione lo stress cronico con il danno cromosomico; ma qual è la relazione causale tra questi due fattori? Un meccanismo molecolare in grado di fornire una plausibile risposta è stato scoperto grazie a un nuovo studio condotto presso il Duke University Medical Center. “Il nostro è probabilmente il primo studio a proporre uno specifico meccanismo grazie al quale un marcatore di stress cronico, l'elevato livello di adrenalina, può alla lunga causare un danno al DNA”, ha commentato Robert J. Lefkowitz, professore di medicina e biochimica della Duke e autore senior dell'articolo apparso sulla rivista Nature. Nello studio, a un gruppo di topi è stato somministrato un composto simile all'adrenalina che agisce sul recettore beta-adrenergico, che Lefkowitz e colleghi studiano da molti anni, riproducendo le condizioni di stress cronico. In particolare, l'attenzione si è focalizzata sulla P53, una proteina di soppressione tumorale considerata “un guardiano” del genoma, in grado di prevenire anomalie genetiche. “Lo studio ha mostrato che lo stress cronico porta a un prolungato abbassamento dei livelli di p53”, ha commentato Makoto Hara, collega di Lefkowitz che ha partecipato alla ricerca. “Ipotizziamo quindi che sia questa l'origine delle anomalie cromosomiche riscontrate nei topi sottoposti a condizioni di stress cronico”. In passato, Lefkowitz e colleghi hanno dedicato gran parte delle loro ricerca alla caratterizzazione dei recettori accoppiati alla proteina G (GPCR), come i recettori beta-adrenergici. Questi recettori situati sulla superficie delle membrane cellulari sono i bersagli molecolari di molti farmaci, tra i quali i beta bloccanti, gli antistaminici e i farmaci contro l'ulcera. Gli studi sono poi proseguiti lungo un'altra linea di ricerca, ovvero sulla proteina beta-arrestina. Inizialmente si ipotizzava che le proteine di questa famiglia agissero semplicemente inibendo il cammino delle proteine G ma si stanno accumulando prove del fatto che esse siano responsabili di specifiche attività biochimiche. In quest'ultimo studio, in particolare, i ricercatori hanno scoperto un meccanismo molecolare mediante il quale alcuni composti agiscono tramite la proteina G e i cammini beta-arrestina per innescare un danno a carico del DNA. Secondo quanto reso noto nell'articolo di resoconto pubblicato sulla rivista Nature, la somministrazione ai topi di agonisti dell'adrenalina per quattro settimane ha determinato la degradazione progressiva della p53. Oltre a ciò, lo studio ha mostrato che lo stesso danno poteva essere prevenuto in topi mancanti del gene per la beta-arrestina 1. Il deficit di questa proteina ha infatti stabilizzato i livelli cellulari di p53 nel timo, un organo che risponde in modo acuto allo stress cronico, e nei testicoli, in cui lo stress paterno può influenzare il genoma della progenie. (fc)

Meno calorie, più plasticità cerebrale

17 agosto 2011

Una ricerca sull'ambliopia nei topi adulti ha analizzato la relazione tra riduzione di cibo e capacità di recuperare i danni del cervello

Una moderata riduzione dell'apporto calorico giornaliero è in grado di 'ringiovanire il cervello', promuovendo negli animali adulti un incremento della plasticità cerebrale, caratteristica peculiare del sistema nervoso giovane. Ad analizzare tale relazione, la ricerca 'Food restriction enhances visual cortex plasticity in adulthood', realizzata su ratti adulti e sani da un gruppo di ricercatori dell'Istituto di neuroscienze del CNR di Pisa (In-Cnr) guidato da Lamberto Maffei. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

"Abbiamo dimostrato che una lieve riduzione delle calorie ingerite ha un forte impatto sulla plasticità del cervello, quella caratteristica che ci permette di apprendere, memorizzare e promuovere il recupero da danni cerebrali di vario genere", afferma Maria Spolidoro, che ha partecipato alla ricerca.

Lo studio è stato realizzato principalmente sulla plasticità del sistema visivo, utilizzando la deprivazione monoculare, continua la Spolidoro: "Una procedura che, effettuata durante le fasi precoci dello sviluppo postnatale, determina cambiamenti funzionali e anatomici a livello della corteccia visiva primaria binoculare ed è modello sperimentale per una delle patologie più diffuse della vista, l'ambliopia (nota anche come 'occhio pigro')".

"Tale patologia, la cui incidenza nella popolazione umana raggiunge l'1-4%, può essere indotta solo da alterazioni della vista presenti in età precoce: il suo trattamento risulta pertanto inefficace se ritardato all'età adulta", evidenzia ancora la ricercatrice. "Lo studio, invece, ha dimostrato come la restrizione calorica induca cambiamenti molecolari noti per essere correlati con un innalzamento della plasticità e ha consentito, pertanto, di intervenire sull'ambliopia anche in ratti adulti."

"Una limitata diminuzione di cibo può avere effetti sorprendenti sull'aspettativa di vita media in una grande varietà di specie: dai lieviti, ai vermi, ai moscerini della frutta, ai roditori fino alle scimmie", conclude Spolidoro. "Tale aumento della longevità parrebbe accompagnato da un effettivo antagonismo del processo di invecchiamento sia a livello di salute in generale - con minore incidenza di malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione e neoplasie - sia a livello cerebrale, con conseguente rallentamento del declino cognitivo e dei deficit di memoria dell'ippocampo".

"L'indagine - osserva Maffei - dimostra che la natura ha dotato gli esseri viventi di un potente mezzo di sopravvivenza: la ricerca del cibo, che spinge gli animali a esplorare l'ambiente circostante, e la fame, altro fenomeno adattativo in grado di acuire le potenzialità cognitive. Tuttavia, bisogna fare attenzione: una deprivazione di cibo eccessiva o prolungata può avere effetti diametralmente opposti, causando un grave stress all'organismo".

 

 

Luc Montagnier
05 giugno 2011

PARIGI

L'impressione è quella di essere osservati. Scrutati. Lo sguardo di Luc Montagnier si fissa su cose che mai, a un comune mortale, verrebbe in mente di notare. Mentre parla percorre la pelle del viso di chi ha davanti, ne mettea fuocoi capelli,e lo sguardo può scendere fino alle mani, le dita, le unghie. Un esame rapido, ma completo. Deformazione professionale, professore? La domanda lo fa ridere (e non è facile). «Un po'» ammette. Incontriamo Luc Montagnier nel palazzo dell'Unesco, dal 1993 sede della sua Fondazione mondiale di ricerca e prevenzione dell'Aids. Da quasi mezzo secolo il professore studia il dna umano. Lo studia da ben prima di scoprire, nell '83, il virus dell'Aids e di meritare per questo il Premio Nobel per la medicina (nel 2008, insieme alla collega Françoise Barré-Sinoussi).
Nato nel '32a Chabris, un paesotto del Berry (a sud della Loira), l'infanzia di Luc Montagnier scorre serena.È figlio unico, amatissimo. Ma a cinque anni, mentre attraversa una strada, un'automobile spunta all'improvviso a tutta velocità.
Colpisce il bambino e lo scaraventa lontano. Sarà il primo dei due traumi dell'infanzia dello scienziato (il secondo sarà il bombardamento della sua casa nel '44 da parte degli Alleati). Dopo due giorni di coma il piccolo Luc si risveglia come nulla fosse, una nuova vita. La cicatrice a forma di stellina al centro della guancia sinistra sarà per sempre memoria di quell'incidente. Anche oggi è il suo "segno particolare". Di quei due giorni nel sonno profondo del coma il professore non ricorda nulla. «C'è chi racconta di avere visto la luce, o parenti trapassati. Io niente». Ma la ragione del suo agnosticismo è da cercare soprattutto nel bombardamento del '44. «In quel momento conobbi una paura viscerale, la paura di sparire. E in quel momento l'idea di Dio cominciò ad abbandonarmi» racconta Montagnier in Le Nobel et le moine ("Il Nobel e il monaco"), libro in forma di dialogo con padre Michel Niaussat, monaco cistercense, e trascritto nel 2009 da Philippe Harrouard nel 2009 ma mai pubblicato in Italia.
Non si porrà quindi scrupoli religiosi nell'affrontare problemi etici legati alla medicina. «La religione non c'entra. La religione è fatta di dogmi; nella mia professione i dogmi non esistono. Tutto può cambiare. Ma se parliamo di etica posso dirle che sono contrario alle manipolazioni del genoma. Bisogna essere molto prudenti perché si mette mano a una cosa che ha impiegato milioni di anni per costituirsi. Ed è per questo che sono contrario a les mères porteuses (l'utero in affitto, ndr. ). C'è una ragione biologica: l'uovo fecondato si fissa sulle pareti di un utero estraneo. Anche se il bambino nascerà sano non sappiamo ciò che accadrà negli anni, nelle future generazioni. E c'è anche una ragione etica in senso stretto: si dà vita per denaro, si crea un mercato attorno a un fatto così prodigioso».
Il nostro taccuino è fitto di domande e di argomenti da affrontare. Il raggio di ricerca di Luc Montagnier è molto esteso.
E così la cronaca della sua vita. Potremmo parlare con lui di virologia, di oncologia, dell'invecchiamento (il professore è quasi certo che, grazie alle scoperte scientifiche, in futuro si potrà arrivare sani fino ai centoventi anni), di molecole, di batteri, del testa a testa con il ricercatore americano Robert Gallo nel diritto - poi ottenuto - di aggiudicarsi la scoperta del virus HIV I (poi anche dell'isolamento dell'HIV II, più diffuso in Africa); gli si potrebbe chiedere della sua delusione per essere stato mandato in pensione ai regolamentari 65 anni dall'Istituto Pasteur, lui che aveva fatto una delle scoperte del secolo; farlo parlare della sua assoluta fiducia verso gli antiossidanti (papaya fermentata in testa, ma anche il glutathion o gli omega3) e dell'incontro con Giovanni Paolo II al quale portò, come rimedio al Parkinson, proprio le bustine di papaya. Ma sono cose già molto note, scritte in La scienza ci guarirà, il suo bel libro uscito da noi nel 2009. Meglio dunque guardare avanti.
Luc Montagnier parla a voce bassa, ogni tanto tossisce. È appena tornato dalla Cina. Dopo aver pubblicato due articoli sulla rivista scientifica Interdisciplinary sciences della quale presiede il comitato editorialee il cui editoreè cinese, nel novembre scorso l'università Jiaotong di Shanghai gli ha messo a disposizione laboratori e ricercatori.
Montagnier viaggia molto (tra Cina, Stati Uniti, e Africa, in particolare Camerun dove nel 2006, in collaborazione con l'Unesco, con la Cooperazione Italiana e con il professor Vittorio Colizzi dell'Università Tor Vergata di Roma ha inaugurato un centro internazionale di ricerca sull'Aids), ma fa sempre base a Parigi, dove ha sede la sua Fondazione. Ma il problemaè sempre la mancanza di stanziamenti validi per la ricerca. Anche quando si tratta di aiutare un Nobel.
«Sono un po' preoccupato per il centro di Yaounde. Il progetto italiano è finito nel 2010 e con Colizzi, direttore ad interim, abbiamo chiesto al governo di Roma di finanziare un direttore scientifico.
Per ora nessuna risposta». Impossibile persino la semplice organizzazione di un grande evento musicale a Verona, programmato per la metà di giugno con il titolo Una notte per l'Africa (al quale la Rai aveva già dato la sua disponibilità).
La Fondazione di Montagnier aveva ottenuto dal sindaco l'utilizzazione dell'Arena, ma poi i responsabili della programmazione non si sono più fatti vivi.
Pur essendo l'autore della scoperta del secolo (scorso) Luc Montagnier resta uno scienziato "scomodo", uno che pensa con la sua testa, anche a rischio di apparire eccentrico, di osare l'inosabile.
«Perché crede che io abbia pubblicato i miei esperimenti in corso su una rivista scientifica cinese? Perché quelle europeeo americane avrebbero tirato fuori le pistole». Avrebbero gridato allo scandalo. Da alcuni anni infatti il professore basa i suoi studi e i suoi esperimenti sulla teoria della «memoria dell'acqua». La applica a tutte le sue ricerche. Scoperta nel 1988 da Jacques Benveniste - lo scienziato francese morto nel 2004 e al centro di un violento discredito scientifico - questa teoria suppone che l'acqua conservi la memoria delle sostanze che ha contenuto; che la conservi anche dopo infinite diluizioni e quindi dopo la scomparsa di queste sostanze dalla soluzione acquosa. È il principio dell'omeopatia. In alte diluizioni acquose il dna provocherebbe delle onde elettromagnetiche, aprendo così la strada a un sistema rivelatore, altamente sensibile, di infezioni batteriche croniche umane e animali. «Tempo fa avevo fatto un progetto, ma il Consiglio superiore della ricerca lo ha rifiutato. Appena sentono il nome di Benveniste sono presi da un terrore intellettuale. È morto senza aver portato a termine il suo lavoro, rifiutato dai comitati scientifici, anche francesi. E allora mi viene in mente Galileo. Solo che in questo caso non si tratta di oscurantismo religioso, ma scientifico. Perché quando sconvolgi le concezioni comuni, non appena cambi un paradigma, sono guai. Quando chiedevano a Max Plant, Nobel tedesco per la fisica, come aveva fatto a convincere il mondo scientifico, i colleghi, della sua Teoria dei Quanti, "semplice", rispondeva, "ho aspettato che fossero morti tutti"».
Senza arrivare a questi estremi, pro fessore: quanto si dovrà aspettare per il vaccino dell'Aids? «Perché vuole un vaccino?». Come perché? Lei non lo vorrebbe? «Per quanto sicuro possa essere, un vaccino non funziona mai al cento per cento. Senza contare gli effetti secondari. E tutti gli infettati di oggi, tutti quei bambini, li facciamo morire? Sono già malati. A che cosa servirebbe loro un vaccino? Io penso piuttostoa un vaccino terapeutico che possa aiutare i malati a sbarazzarsi del virus. Ci sono regioni in Cina in cui il tasso di infezione è altissimo». Questo significa che nel suo laboratorio di Shanghai ci stanno già lavorando...? «Per ora le notizie non sono incoraggianti, ma abbiamo trovato delle " elites controleurs ", cioè persone infette ma non malate. Le ricerche sono in corsoe la rispostaè che si tratti di un fatto genetico: quelle " elites" hanno un sistema genetico che blocca il virus rendendole immuni. Posso dire che un progetto di vaccino dorme in certe scatole ma, prima di divulgare la notizia, andrà pubblicato su una rivista scientifica». Un'ultima domanda professore: come faremo a vivere fino a centoventi anni? «Stando lontani dallo stress, facendo una moderata attività fisica, mangiando cibo sano, facendosi aiutare dagli antiossidanti. E - cosa che da sempre dico ai miei figli- lavandosi il più possibile le mani: i nostri insospettabili nemici, i trasmettitori più pericolosi di malattie infettive, sono le maniglie di uso comune, nel metrò, sugli autobus, nei bagni pubblici».

   
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